Se ti stai chiedendo cosa significhi questa frase, o meglio cosa significhi soprattutto la parola “shrink” ma anche la parola “geek”, sulla quale è probabile tu abbia un’idea, sei nel posto giusto perché vado a spiegarti il motivo per cui noi di Adequat abbiamo scritto questa frase (il titolo di questo articolo) nella nostra pagina “chi siamo”.
Quando lessi nel 2009 il libro di Robert Reich “the future of success” (stranamente, a mio avviso, tradotto in italiano “l’infelicità del successo”), pensai subito di aver individuato un modo simpatico e comprensibile per descrivere ciò di cui mi occupo, e soprattutto mi accorsi di aver trovato un altro po’ di me. Infatti cerco le mie “parti” in tutti i luoghi, soprattutto nei libri, e sono convinta che l’esperienza della lettura sia uno dei più potenti mezzi per foggiarsi e plasmarsi. I testi ti entrano, ti trasformano, ti allontanano, ti attraggono…Io in questo mi sono rispecchiata: mi sono vista qui a pag. 87 dove Reich descrive le “personalità necessarie per l’innovazione”: il geek e lo shrink.
“Questa seconda personalità non è meno creativa dell’inventore, del geek, ma la sua creatività è di tipo diverso. Anziché cercare la novità in un dato mezzo e ricavare gioia nel valicare i confini, utilizza la sua originalità per identificare i possibili bisogni ed i possibili desideri latenti delle persone; desideri che nemmeno queste persone sono pienamente consapevoli di avere, desideri per prodotti che ancora non esistono…la sua preparazione, anziché su un particolare oggetto o mezzo di comunicazione, si concentra sugli altri: possono essere i clienti aziendali di un dato settore dell’economia, un gruppo di consumatori, un segmento di giovani utenti di Internet, oppure potenziali elettori. Il suo compito è di immaginare nuovi modi per soddisfarli e deliziarli…il suo grande interesse è scoprire cosa vogliono le persone anziché cosa può fare un dato mezzo.”
Ciò che trovo particolarmente interessante è il punto d’origine dell’azione creativa dello shrink: i bisogni e i desideri delle persone. Non si parte dalle caratteristiche di uno strumento o tecnologia, si parte dalle persone, dalle istanze umane, da ciò che manca ed è cercato, desiderato.
Desiderio deriva dal latino de-sidus (stella), letteralmente “cessare di contemplare le stelle a scopo augurale”, allude più alla distanza tra il soggetto e l’oggetto di desiderio e al moto dell’animo che li lega che alla natura dell’oggetto stesso (Dizionario Treccani). Desiderio, che parola complicata e ricca! Vi è distanza tra il soggetto e l’oggetto del desiderio, vi è moto, vi è uno spazio da colmare, una ricerca da effettuare, un percorso da definire, un ponte da costruire con creatività. Raggiungere ciò che si desidera è il problema.
Allora serve un piano d’azione per avvicinarsi o avvicinare a sé il desiderato. Serve un progetto.
L’etimologia ci sorprenderà quando scopriremo che pro-blema e pro-getto sono esattamente la stessa parola: la prima dal greco (pro-baino) getto avanti, la seconda dal latino (pro-jecto) getto avanti. Quindi gettare lo sguardo ed il cuore avanti, in avanti, ipotizzare, pro-vare, pro-cedere. Andare avanti ed oltre, immaginare il nuovo e poi, crearlo.
Questo è come noi in Adequat interpretiamo il nostro “cosa”, ciò di cui ci occupiamo. Da shrink, ci occupiamo di identificare i problemi delle persone mentre sono alle prese con un compito, di cosa hanno bisogno per risolvere questi problemi, che cosa desiderano. E, nel progetto, immaginiamo con loro le risposte e le soluzioni.
Poi Reich continua: Questo talento non va confuso con l’operatore di marketing…questo secondo tipo di innovatore creativo non ha nessun particolare prodotto da vendere…questa persona deve immaginare ciò che essi potrebbero desiderare e che ancora non esiste, e trovare poi il modo di crearlo e distribuirlo…svolge indagini sui gruppi “mirati”, intervista le persone, e ne osserva il comportamento durante l’uso…La sua abilità consiste nel fare le domande giuste, nell’ascoltare attentamente le risposte, nell’osservare gli indizi comportamentali e, su queste basi, nell’immaginare ciò che il cliente troverà più attraente ed utile. In questo senso lavora più per il cliente che per il venditore di un determinato prodotto. E’ l’agente, il consulente, il consigliere e la voce del cliente…
Si tratta di come viene costruito il percorso verso la conoscenza e la comprensione, di come si osserva la realtà per capirla. Si tratta di vedere cosa accade nelle attività che le persone eseguono, ciò che fanno quotidianamente a casa, a lavoro e nel tempo libero. È proprio lì che troveremo i problemi, le difficoltà, l’inadeguatezza degli strumenti attuali.
Per raggiungere obiettivi nuovi, diversi, veloci.
In questi interstizi, in questi vuoti, vediamo lo spazio per il nuovo, per la nuova soluzione, per l’innovazione che ha un senso.
Da shrink, dobbiamo diventare “esperti del dominio” di cui ci stiamo occupando, che significa: comprendere cosa accade, chi sono e come sono le persone, che interazioni avvengono, con quali strumenti (funzionali/operativi o conoscitivo/informativi), cosa serve. Per diventare esperti del dominio dobbiamo osservare e chiedere, che significa raccogliere dati. Alcune tecniche sono quelle che menziona Reich: osservazioni, interviste, interviste collettive, indagini. Altre ce le inventiamo all’occorrenza.
Siamo shrink ma anche un po’ segugi con il naso per i problemi, e come i segugi volgiamo la nostra attenzione verso il basso, verso i casi, i segnali deboli, gli small data. E attraverso un processo induttivo sintetizziamo, costruiamo un film del contesto, delle persone che vi si muovono, delle cose che fanno e degli strumenti che usano.
Il film sarà tanto più dettagliato quanto più in profondità dovremo andare per “scovare” i nodi, le frizioni, i problemi e le loro origini. Per affrontarli sul campo di battaglia e risolverli. (Non riesco a farne a meno) da risolvere dal latino re- e solvĕre “sciogliere”. Sciogliere, per lo più nel significato di disfare, semplificare un legame o un intrico, chiarire una cosa complicata, scomporre, rendere evidenti i singoli componenti. In senso figurativo: semplificare, chiarire qualcosa di complicato, difficile, oscuro. (Dizionario Treccani).
Quindi: rendere chiari i bisogni alla base di problemi, sciogliere e disfare i nodi, semplificare.
L’autore conclude confrontando i due profili: Per molti aspetti questo tipo di personalità assomiglia ad un consigliere o addirittura ad uno psicoterapeuta…condivide alcune delle loro capacità di intuire e tirar fuori ciò che le persone vogliono o di cui hanno bisogno…poiché è importante sottolineare la natura interpersonale di questo lavoro…chiamerò questa figura “shrink” ossia strizzacervelli. Il Geek (lo smanettone) è l’artista, l’inventore, il designer, l’ingegnere, il mago del computer, lo scienziato, lo scrittore, il musicista: la persona che, in breve, è capace di vedere nuove possibilità in un dato campo e che si diverte ad esplorarle e svilupparle. Il Geek sfrutta la sua attrazione per un medium: una tecnologia, una scienza, un’arte visiva, una forma letteraria, un sistema di simboli…lo shrink, invece, sfrutta la sua attrazione per le persone: le loro aspirazioni e le loro paure, i loro desideri ed i loro bisogni, i loro pensieri reconditi. Lo shrink è empatico mente il geek è analitico. Il geek capisce il medium, le possibilità che ci sono di svilupparlo. Lo shrink capisce le persone, ciò di cui possono avere desiderio o bisogno.
Siamo tutti d’accordo se non ammettiamo solo la binarietà della diade geek/shrink ma ipotizziamo una caratterizzazione fuzzy? Mi spiego: io sono shrink al 90%, ma geek (analitica, pigra e smanettona) per la restante porzione. Concordato questo meccanismo di “appartenenza” non digitale, possiamo procedere con un’ultima riflessione: se un’innovazione di successo è quella che risponde ai bisogni delle persone, siano essi espliciti o impliciti, materiali o sociali…
allora è necessario che gli smanettoni lavorino fianco a fianco con gli strizzacervelli.
Il libro mi fu suggerito da Alessandra Re. Grazie Alessandra!
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